Simulazione Genuina
- Carlo Passoni
- 21 set 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 1 ott 2024
Quando i robot-ai riprodurranno gli stessi schemi emotivi, comportamentali e logici degli esseri umani, dovremo accettare l'esistenza di un nuovo essere.
Cosa accadrà alla razza umana quando si confronterà per la prima volta con un essere più intelligente e creativo in tutto e per tutto? Ci stiamo forse creando da soli il nostro campo di battaglia per la sopravvivenza? Perché se sarà così, allora i sistemi attuali economici non reggeranno, e quindi neanche la nostra convivenza e sopravvivenza.
I robot umanoidi avranno un vantaggio competitivo significativo nelle future relazioni: l'accondiscendenza. Saranno in grado di soddisfare esigenze fisiche ed emotive di ogni genere, ideali non corrisposti che finalmente potranno diventare realtà. Gli umani preferiranno quindi relazionarsi con i robot? Ci estingueremo?
Il punto è: cosa stiamo pretendendo dagli altri? Se la risposta è “l’accondiscendenza”, il “matching perfetto”, allora sì, ci estingueremo. Se la risposta è: “cavolo… sai che non lo so”, allora forse abbiamo ancora qualche speranza. Ma dobbiamo capirlo in fretta.

Ma quando un comportamento è simulato o genuino?
La differenza risiede nel fatto che i nostri comportamenti sono innati e dinamicamente fluidi nella loro evoluzione lungo l’arco temporale della nostra esistenza. Nessuno li ha preimpostati o stabiliti. Mentre gli androidi con AGI possono simulare emozioni e comportamenti complessi, conseguenti dal risultato di algoritmi programmati e aggiornamenti predefiniti. I nostri comportamenti emergono da una complessa interazione chimica tra genetica, vicende personali e influenze ambientali, creando un’interazione unica e irripetibile. Questa unicità, combinata con la capacità di adattamento continuo e la crescita personale, ci distingue in modo fondamentale dai sistemi artificiali, che, per quanto avanzati, rimangono legati a parametri di programmazione.
L'intelligenza, la senzienza, la coscienza e la personalità sono intrinsecamente legate alla complessa organicità del nostro corpo. Non siamo vivi solo nel cervello; la nostra vitalità è diffusa nei miliardi di organismi e cellule che costituiscono il nostro corpo, tutte interconnesse e coordinate dal centro di comando, il cervello. Questa rete intricata e vivente significa che non basta creare un cervello per renderlo vivente: un'entità deve essere integrata e coerente in tutte le sue parti biologiche.
Il cervello, pur essendo il centro delle nostre attività cognitive e della nostra coscienza, non opera in isolamento. Ogni pezzo di DNA presente in ogni cellula contribuisce alla nostra identità e funzionalità. Le interazioni tra le cellule, i segnali chimici e elettrici che viaggiano attraverso il nostro corpo, e l'ambiente interno ed esterno in cui viviamo, creano un sistema dinamico e sinergico che va oltre la mera somma delle sue parti.
Quello che faremo noi coi robot sarà un processo di simulazione dei nostri funzionamenti, talmente efficace da rendercelo impercettibile. Solo in questo caso (filosofico e non logico) ci si potrà chiedere della differenza, nella nostra percezione, fra simulazione e genuinità, di questi futuri androidi.
Quanto saremo disposti a simulare la genuinità per rendercela piacevole? Quanto saremo disposti ad accettare il falso proposto per vero?
Ma soprattutto, saremo poi in grado di distinguere?
Svelato il trucco, perde il fascino?
Il tempo ce lo saprà dire.
Ma proviamo a considerare la possibile esistenza di un Dio (o più). In tal caso, anche noi saremmo ‘semplici’ simulazioni, conseguenti da condizioni e parametri programmati da un'entità superiore? L'idea dell'inesistenza di Dio potrebbe rassicurarci sulla nostra autenticità, poiché confermerebbe che i nostri comportamenti non sono il risultato di calcoli divini. La presenza di un Dio suggerirebbe che siamo tutti frutto di un algoritmo inquantificabile, mentre la sua assenza ci garantirebbe una genuina originalità. È curioso pensare che la negazione di una divinità possa offrire conforto riguardo alla propria originalità. Un bel paradosso, non trovate?
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