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Il Gioco delle Relazioni

  • Immagine del redattore: Carlo Passoni
    Carlo Passoni
  • 24 mar
  • Tempo di lettura: 5 min

Cosa rende le interazioni umane differenti rispetto a quelle con sistemi di intelligenza artificiale?Cosa troviamo di affascinante negli altri esseri umani? Potremmo rispondere con: la loro unicità, la loro personalità, la sensazione che ci diano qualcosa che non abbiamo. Ma se scaviamo più a fondo, spesso ciò che cerchiamo — e non sempre ammettiamo — è una forma di validazione. Vogliamo essere capiti, voluti, e persino assecondati. Si tratta dell'aspetto più grande e conosciuto: l'egoismo umano.  


Ma possibile che tutto si riduca sempre al classico gioco di specchi e riflessi? A mio avviso no. Quello al massimo lo si può confinare con la patologia narcisistica, ma non alla natura psicologica intrinseca comune, dell’essere umano. C'è un altro meccanismo che entra in gioco nella dinamica dell'interesse relazionale: la tensione, o meglio, la trazione.  È ciò che ci spinge verso l’altro non perché ci asseconda, ma perché ci sfida, ci sfugge, ci incuriosisce. È un interesse che nasce da un'asimmetria. E spesso, questi due meccanismi — egoismo e trazione — entrano in conflitto. L’uno cerca conferma, l’altro cerca incertezza. Il primo vuole coerenza, il secondo desidera instabilità.

Ed è proprio da questa frizione che si genera il vero coinvolgimento del nostro interesse nelle relazioni umane. Noi vogliamo che gli altri siano liberi di non coincidere con ciò che vogliamo, per una forma di stimolazione emotiva, difficile da razionalizzare. Questo è uno dei desideri più inconsapevoli che abbiamo, ma col quale a mio avviso siamo formulati. Quindi, per chiarire quanto detto finora, e ricordo quanto questa  sia solo un'opinione personale, (e non una legge confermata), esistono due forze che regolano il nostro coinvolgimento nelle relazioni:

L'egoismo, ovvero la spinta psicologica naturale che ci porta a cercare conferme, utilità, rispecchiamento, protezione emotiva e riconoscimento (quindi il meccanismo che mira alla stabilità e alla coerenza interiore). 


E la forza di trazione: il desiderio inconscio che l’altro resti almeno in parte fuori dal nostro controllo. Qui l’interesse si alimenta dal divario tra ciò che vogliamo e ciò che possiamo ottenere, tra la nostra esigenza di conferma e la libertà dell’altro di non coincidere con essa. È ciò che genera tensione, evoluzione, e gioco relazionale. È quella che ci fa desiderare di più. è la dinamica che genera le soddisfazioni più intense, perché mette alla prova e amplifica anche il nostro stesso egoismo. 


Queste due forze sembrano in conflitto, ma sono complementari. Da una parte vogliamo stabilità e coerenza, dall’altra vogliamo sfide e instabilità. Due tipi di "divertimento o intrattenimento" tanto simili quanto differenti. Tipologie di soddisfazioni che generano comunque una correlazione fra i risultati, poiché una dipende parzialmente dall'altra.  


Ma attenzione perché non c’è una forza principale e una secondaria: egoismo e trazione non si succedono, si intrecciano. L’uno senza l’altra genera sterilità o confusione. È nel loro equilibrio instabile che nasce l’interesse reale. 

Il nostro Ego  ha molti prezzi da pagare e sacrificare per poter giocare a questo gioco. Poiché i risultati positivi non sono garantiti, anzi, per lo più nella maggior parte dei casi non saranno quelli desiderati.


Mi sembra che ci sia una regola implicita nella nostra capacità di percepire e filtrare la realtà: senza l'esposizione agli effetti opposti di quelli desiderati, non siamo forse in grado di trarne reale sensazione. E qui mi chiedo: dobbiamo esporci quindi alla sofferenza per poter essere felici? Dobbiamo esporci alle sconfitte per poter assaporare le vittorie? Dobbiamo esporci alle delusioni per poter godere delle soddisfazioni? Dobbiamo esporci agli effetti collaterali per poter ottenere quelli desiderati? 





Ma qui sto divagando troppo, tornando al nostro "Gioco Delle Relazioni": in questo periodo della mia vita, ho avuto modo ( e sto tutt'ora) avendo modo di lavorare in diverse realtà di intelligenza artificiale. E avendo accesso a diversi dati e statistiche mi sono stupito di molti fattori, che mi hanno fatto riflettere proprio sul: "cosa stiamo cercando nel prossimo? è possibile che gli umani non avranno più interesse nell'interagire con altri umani, preferendo l'interazione con sistemi artificiali? è possibile che vogliamo essere solamente assecondati?

è possibile eliminare la forza di trazione?"


La risposta che mi sono dato a quest'ultima è: No, non è possibile, o almeno, è possibile ignorarla, ma mai senza conseguenze. La forza di trazione può essere soppressa, evitata, negata, ma non può essere annullata o eliminata definitivamente, poiché è una parte strutturale della nostra architettura psicologica (che ci piaccia o no). La soddisfazione dell’egoismo, se non sfidata (con il principio di tensione e trazione), si autoconsuma fino ad esaurirsi, portando all'appiattimento emotivo totale. Ma attenzione perché anche chi vive solo di relazioni basate sulla forza di trazione, alla fine dei conti, si ritroverà svuotato e appiattito, poiché i desideri verranno costantemente alimentati ma non nutriti. Poiché la gratificazione sarà sempre posticipata o sabotata. 

In entrambi i casi si avranno grandi piaceri istantanei, ma non duraturi, e successivamente irreplicabili, concludendo con lo stesso finale: il vuoto emotivo.  


Quindi tornando alla domanda principale, cosa troviamo di interessante nel prossimo?

Che non è mai del tutto decifrabile, né totalmente statico. Può contraddirci, cambiare, sfuggirci, respingerci. È questa incertezza a tenere viva l’attenzione. La possibilità che le cose non vadano come vorremmo. Il costante dinamismo dei cambiamenti e degli stimoli.


Le persone cercano coerenza tra pensieri, emozioni e comportamenti. Quando un altro ci conferma, riduce la tensione interna. Ma se questa coerenza è troppo stabile e costante, diventa piatta. Senza dinamismo, non c’è stimolo. Senza ostacolo, non c’è evoluzione.

L’umano è attratto da ciò che può parzialmente controllare, ma non del tutto. Il troppo controllo elimina la sorpresa. Il troppo caos genera ansia. È l’equilibrio dinamico a rendere interessante un’interazione.


Anche se un’AI dovesse simulare l’imprevedibilità, noi sapremmo che si tratterebbe di una dinamica costruita. E questo farebbe tutta la differenza. ( O mi sbaglio?)

E se un giorno preferissimo davvero le AI? Potrebbe succedere, per comodità, o necessità. Le intelligenze artificiali sono sempre disponibili, facilmente accessibili, non generano conflitti reali, non giudicano, e non hanno bisogno di competizione.

La morale della favola per me, è che la risposta al “cosa troviamo di interessante negli esseri umani piuttosto che nelle intelligenze artificiali” sia qualcosa che in realtà non vorremmo ammettere ed accettare, poiché svelerebbe una nostra stessa schematicità emotiva e comportamentale. Rivelerebbe forse, quanto siamo poco magici, e molto simili a questi algoritmi: complessi, pieni di sfumature, ma pur sempre strutturati secondo uno schema, con l’illusione del libero arbitrio.


Non spetta a me decidere quale sarà il modello vincente da seguire nelle interazioni, sarà la selezione naturale a farlo. 

La riflessione esposta non vuole essere didattica, non sto dicendo che quelli siano i meccanismi corretti da adottare per delle relazioni sane o corrette. Sospetto però che le nostre dinamiche e soddisfazioni relazionali umane siano basate principalmente su quei meccanismi controversi. Quindi questo pensiero non è adatto a chi ha una visione romantica dell'umanità o della vita. Aggiungo inoltre, a mio avviso, quanto l'essere umano non sia strutturato di natura per seguire principi etici o perbenismi. Su questo pianeta le regole di sopravvivenza mi sembrano abbastanza chiare, non c'è da stupirsi se la nostra indole sia moralmente discutibile. 


È nella nostra incoerenza logica che si riflette la nostra coerenza biologica.


Credo che la nostra specialità sia l'essere comprensibilmente incomprensibili, razionalmente irrazionali, e prigionieri della nostra stessa illusoria libertà. 

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