Il Sogno della Semplicità, la Trappola della Complessità
- Carlo Passoni
- 5 ott 2024
- Tempo di lettura: 5 min
È venerdì sera, sono le 2 di notte. La mia ossessione (malsana) per il miglioramento cognitivo mi tiene sveglio, incastrato tra i principi del mercato azionario e le regole della logica (povero me, che sciocco). Tanto per complicarmi ulteriormente la vita, sto anche cercando di decifrare i pattern comunicativi delle persone per avere una risposta pronta a ogni possibile scenario. Un caos mentale in cui il mio cervello, ormai esausto, chiedeva una pausa.
Mi sdraio sul divano, dopo ore alla scrivania, mi concedo il lusso di cambiare posizione. Con l’iPad in mano, l’unico strumento versatile che posso permettermi in questo stato, continuo a navigare tra grafici e appunti complessi, mentre provo a non perdere il filo.
Come sottofondo, sulla TV, mi metto un documentario con musiche rilassanti. Qualcosa di semplice, giusto per spezzare il caos mentale. A un certo punto, il mio sguardo si incrocia tra l’iPad, che mostra la schizofrenia di Wall Street, e la TV, dove una tartaruga nuota tranquillamente in mezzo al mare. Due mondi che si sovrappongono. Giuro, scoppio a ridere.
Mi è venuto naturale paragonare la mia vita a quella della tartaruga. E mi sono chiesto: perché, nella mia esistenza, devo perdermi in questa marea di complessità che noi umani abbiamo inventato? Nulla di tutto questo esiste in natura. Lei, la tartaruga, se ne sta lì, beata, vagando libera nell’oceano. Eppure, stiamo entrambi vivendo nello stesso universo, nello stesso pianeta, nello stesso tempo. Solo che noi abbiamo creato un sistema di sopravvivenza che è diventato troppo complesso rispetto alla condizione naturale della vita.

Per sopravvivere oggi non serve più cacciare o cercare un riparo. Abbiamo complicato tutto, reso la vita un puzzle di abilità mentali sempre più sofisticate. La semplicità non paga più, e la competizione è così spietata che dobbiamo persino misurarci con esseri non viventi come l’AGI. Non basta più competere con gli altri umani, ora ci tocca affrontare meccanismi ottimizzati al massimo, con capacità di calcolo che fanno sembrare il mio cervello un pezzo di antiquariato.
Penso più lentamente rispetto a loro? Certo. E quindi devo migliorare la qualità del mio pensiero, anche se, in fondo, so che è solo una battaglia contro il tempo. Un giorno, non troppo lontano, il cervello umano sarà obsoleto.
Ma tornando al punto: sono momenti come questi che ti fanno capire quanto ognuno di noi si crei la propria realtà. Certo, potrei scegliere di vivere sereno, vagando libero come quella tartaruga… ma sarebbe un’illusione. Una fuga momentanea, niente di più. Una fallacia logica.
Perché sarebbe una fallacia logica vivere sereno come quella tartaruga? Beh, ecco qualche ragionamento:
Non sono una tartaruga. Sembra banale, ma è la base di tutto. Lei è equipaggiata per vagare nell’oceano, io no. A differenza sua, non ho un guscio che mi protegge dai predatori e dalle intemperie, né la capacità di passare mesi senza cibo con la stessa serenità. Se mi butto in mare, probabilmente l’unica cosa che incontro è l’ipotermia.
La civiltà moderna non funziona a tartarughe. Oggi non si vive più cacciando o raccogliendo bacche, ma si sopravvive grazie al sistema economico, che, nella sua "immensa saggezza", ci ha liberato dalle barbarie per sostituirle con le delizie del mercato del lavoro. Ora, il cibo non si trova per strada, si compra con denaro. E per guadagnare quel denaro, devo fare cose ben lontane dal cacciare o coltivare. Nessuno mi paga per inseguire prede, e se dovessi farlo, probabilmente finirei in galera o in manicomio.
Gli umani sono fuori posto in natura. La dura verità è che, rispetto agli altri esseri viventi, siamo incredibilmente fragili. In un ecosistema senza tecnologia, siamo praticamente disadattati. Non siamo ottimizzati per nessun ambiente: senza abiti, casa, medicine e il nostro caro internet (che funge da biblioteca del sapere portatile), non duriamo molto. Prova a sopravvivere ad un inverno senza riscaldamento o a un’estate senza acqua potabile, e vedrai come la natura non è poi così accogliente.
Il cervello umano è il nostro unico "superpotere" – ed è un'arma a doppio taglio. Sì, abbiamo l’intelletto e il pollice opponibile, ma il prezzo da pagare (autocitazione di classe) è che il nostro cervello non si ferma mai. La tartaruga non si preoccupa di algoritmi, piani quinquennali o tassi d’interesse. Noi sì. Abbiamo costruito un mondo dove la nostra unica via di fuga è pensare continuamente a come sopravvivere in una società che complica ogni aspetto della vita. Siamo in competizione con gli altri e con noi stessi, in un ciclo senza fine di miglioramenti. E anche se decidessi di "scorrazzare libero per la natura", dovrei fare i conti con virus e batteri che mi uccidono, animali che mi attaccano e nutrimento necessario che, francamente, non saprei nemmeno da dove ricavare.
Sopravvivenza vs. comfort. La tartaruga se la cava alla grande nel suo habitat, con poco o nulla. Io, invece, dipendo da un’ampia gamma di comodità moderne che vanno dal letto col materasso in memory alla medicina avanzata. Se mi dovessi affidare solo alla natura, basterebbe una puntura velenosa di qualche strano e piccolo insetto, per mettermi fuori gioco. Non è esattamente il paradiso che sembra.
La natura non è una vacanza. Certo, il panorama può sembrare idilliaco: mari cristallini, praterie smeraldine, cieli aperti, libertà ovunque. Ma quella "libertà" è una lotta continua per la sopravvivenza. Ogni animale sta semplicemente cercando di non essere mangiato o ucciso dalle circostanze. La vita selvaggia è uno spettacolo sanguinario camuffato da pace. La mia visione della tartaruga che nuota tranquilla? Solo una trappola mentale romantica, un’illusione che ignora la brutale realtà del "mors tua, vita mea" che regola ogni secondo là fuori. Che poesia paradossale che è la vita.
Le regole del gioco sono cambiate. Anche se scegliessi di mollare tutto e vivere come un essere "libero", resterei comunque intrappolato in un sistema che non posso abbandonare. Non possiamo tornare indietro. Siamo parte di un complesso sistema sociale, economico e tecnologico che ci ha intrappolati. La libertà che desidero non è quella della tartaruga; è un'illusione che si scontra con la nostra realtà. Tornare indietro, quindi, non è solo impossibile: è una bugia che raccontiamo a noi stessi quando la modernità ci soffoca.
Quindi, dopo tutto questo filosofeggiare, la conclusione è abbastanza semplice: non esiste il lusso di una vita senza turbamenti per noi. Ce lo siamo costruiti da soli questo bel casino, e ora tocca starci dentro. Forse, alla fine, non è poi così male: ci tiene occupati, ci dà un senso di scopo e ci dà comfort.
Morale della favola? Lasciamo le nuotate tranquille alle tartarughe. Noi restiamo qui, a fare quello che sappiamo fare meglio: complicarci la vita.
Comments